Conversion rate: come usare heat map e A/B test per migliorarlo

Indice

Conversion rate, perché è così importante? Ovviamente perché ci da una fotografia esaustiva di ciò che tiamo facendo per il nostro business. Le azioni che abbiamo intrapreso sono state efficaci o è meglio cambiare direzione? Tutto questo, e molto altro, lo possiamo capire effettuando le dovute misurazioni del tasso di conversione, cercando di comprendere le criticità ed eventualmente risolvendole.

Conversion-rate

Il centro nevralgico di una campagna di marketing è sempre il tasso di conversione, ovvero quanti dei nostri visitatori trasformano i loro clic in una vendita, un’iscrizione a un servizio o a una newsletter. Di solito per giungere a questo si applica una strategia a imbuto diviso in tre sezioni per tipologie di contenuti diversi: TOFU, MOFU e BOFU, rispettivamente Top of Funnel, Middle of the Funnel e Bottom of the Funnel, quindi in cima all’imbuto, in mezzo all’imbuto e in fondo all’imbuto.

I contenuti in cima sono quelli destinati a generare traffico sul sito, prendendo una fetta larga di pubblico con temi di natura più generica, come guide o consigli.

I contenuti nel mezzo diventeranno più complessi e in grado di offrire argomentazioni più accattivanti, mentre i contenuti sul fondo dell’imbuto sono quelli destinati alla conversione, come prove gratuite, offerte speciali e coupon.

Esistono due strumenti per misurare meglio il comportamento dei nostri utenti e migliorare il nostro tasso di conversione online.

Heat map: cos’è e come si usa per il conversion rate

Le heat map, o mappe di calore, sono uno strumento diffuso nel marketing per cercare di capire come si muove o da cosa è attratto l’utente quando visita il nostro sito. Lo scopo è ottimizzare il conversion rate, ovvero il tasso di conversione tra le azioni che svolge l’utente sul sito e un acquisto, l’iscrizione alla newsletter, un abbonamento ai nostri servizi, un modulo firmato, una richiesta di informazioni ecc., tracciando i movimenti e le azioni che svolge il visitatore, per migliorare l’esperienza sul sito e quindi questo rapporto click/acquisto diminuendo i punti di abbandono o d’incomprensione che si possono riscontrare durante la navigazione. Nel mondo del marketing ci si avvale di alcuni strumenti per massimizzare questi aspetti, tra cui le sopracitate heat map.

Esistono quattro tipi di heat map:

  • Le hover map: si accendono nelle aree in cui scorre il mouse. Attenzione a non dare per oro colato questo tipo di dato perché l’utente potrebbe scorrere col mouse da una parte ma l’occhio è rivolto dall’altro lato. Si attesta intorno al 20% la correttezza di questo dato
  • Le click map: come si intuisce dal nome, queste si accendono nelle aree dove l’utente clicca. La mappa comparirà come una sorta di costellazione di puntini. Ogni puntino cambierà di colore a seconda della frequenza di click su quel determinato punto del sito. Rosso = alta concentrazione di click, fino al bianco che significherà bassa frequenza di click.
  • Le Scroll map: sono mappe che quantificano quanto in basso col mouse l’utente è disposto a scendere. Utile nel caso abbiamo long-form, magari che richiedono interazioni da parte dell’utente. Più riusciamo a farlo “scrollare” più probabile sarà che l’utente finalizzi l’acquisto;
  • Le Tap map: ti informano in quale punto del dispositivo mobile l’utente clicca.

Esistono anche software che creano mappe simili ma con tecnologie di eye-tracking, ovvero in quale punto dell’interfaccia l’utente sposta o concentra la vista.

Le heat map danno questo tipo di riscontri grafici ma sono per così dire, dati poco loquaci. Starà a voi capire quali sono i punti deboli delle mappe “fredde” e quali sono le qualità e i punti di leva delle mappe “calde”.

A/B Test per il conversion rate

Un altro strumento che ci viene in soccorso per aggiustare il nostro sito o perfezionare le nostre strategie di marketing è l’A/B test.

Cos’è questo test?  Non è altro una sperimentazione che si fa con gli utenti che visitano il vostro sito web: gli vengono mostrate in modo casuale una delle due versioni del sito (deciderete voi in che percentuale comparirà una versione piuttosto che l’altra). Cambierete tutta l’interfaccia: menù, header, sidebar, contenuto, footer, posizione dell’articolo, bottoni, colori ecc.

Grazie a questo test potrete capire quale versione o strategia vi darà il miglior tasso di conversione, che sia finalizzare una vendita o l’iscrizione alla nostra newsletter, quale delle due ci fornirà la maggior mole di click, quali sono i link che ne ricevono di più ecc., tutti dati che potremo consultare per fornire una migliore customer experience.

L’A/B test può essere effettuato anche per un solo aspetto del sito, magari la pagina di un annuncio o l’impaginazione di un solo articolo per isolare la statistica che ci fornirà quella specifica pagina e vedere l’utente medio come risponde al cambiamento. Per notare con chiarezza le differenze di prestazione delle rispettive versioni bisogna stabilire con precisione quali sono gli obiettivi da misurare, ossia bisogna determinare i keys performance metrics, utili a capire in percentuale ogni quanti click o sessioni otteniamo il nostro obiettivo.

Alcuni parametri che possiamo stabilire possono essere:

  • Tempo di permanenza sul sito;
  • Bounce rate, frequenza di rimbalzo, ovvero quanto durano le sessioni su una pagina prima che l’utente esce. Un bounce rate alto significa che la sessione è stata breve. Non sempre un bounce rate alto è una brutta notizia, dipende dalla struttura del sito: se è un blog a pagina unica sarà normale averlo, se invece l’utente dovrà cliccare su più link per navigare un bounce rate alto sarà un campanello d’allarme;
  • Click to rate(CTR), ossia il tasso di conversione tra le volte in cui un banner pubblicitario è stato generato da un ad server e i click che genera;
  • Valore medio del carrello e il suo tasso di conversione(CRO); bisognerà analizzare quante volte il cliente riempirà il carrello senza abbandonarlo. Ci sono vari modi per alzare questo valore: togliere più frizioni possibili tra il carrello e l’acquisto finale, extra costi chiari e mai nascosti, creare urgenza(mettere per iscritto quant’è la disponibilità di quell’articolo), recensioni visibili(la riprova sociale è importante per la decisione dell’acquisto), ecc.
  • Numero di carrelli abbandonati;
  • Micro-conversioni. Cosa sono? Semplice, sono gli step precedenti alla vera e propria conversione. Un esempio: click sulla home à prodotti à categoria à sotto categoria à aggiungi al carrello. Poi ci sarà, speriamo, l’eventuale checkout. Studiarli è fondamentale per capire dove l’utente abbandona la pagina o non è più invogliato a continuare per correggere il tiro.

I vantaggi di usare l’A/B test sono molteplici: facilità nell’applicarlo, la sua immediatezza e la disponibilità di dati facili da consultare.

Chiaramente, oltre a dover agire a livello di marketing, una landing page o una pagina di un sito web per convertire deve essere trovata. E cosa c’è di meglio di una strategia di posizionamento SEO per ottenere risultati? Tra le tante attività di cui non devi dimenticarti c’è quella di link building.

La link building ti permette di ottenere un punteggio più alto nella valutazione di valore della tua pagina o del tuo sito web; se vuoi puoi provare il nostro servizio di link building in promozione e iniziare ad ottenere da subito i benefici di questa attività.

Vuoi migliorare i risultati del tuo sito?

Prenota un appuntamento telefonico

  • Per ricevere maggiori informazioni
  • Per pianificare una strategia personalizzata
  • Scegli data e ora in base alla tua disponibilità

Articoli correlati